L’azione del WWF

La storia di Focognano è certamente particolare. Se generalmente le aree protette nascono dalla volontà di tutelare un bene territoriale prezioso, sia esso un luogo di particolare bellezza o un habitat di grande importanza, magari l’ultimo “relitto” di ambienti un tempo molto più vasti, Focognano è invece un caso decisamente diverso.

Questa Oasi nasce infatti dalla precisa volontà del WWF di sperimentare la creazione, “pressoché dal nulla”, di un luogo di grande interesse ambientale.

Per il progetto di Focognano, grazie a un preciso accordo fra l’Associazione e l’Amministrazione comunale di Campi Bisenzio, fu scelta una zona come tante, tipica della infinita “periferia urbana” delle grandi conurbazioni e pressoché uguale in tutto il mondo, caratterizzata da un paesaggio estremamente povero e semplificato, con campi agricoli residuali coltivati con metodi intensivi. A lato di questi c’erano vecchi viottoli punteggiati da discariche e materiali abbandonati, un troncone di strada asfaltata mai entrata in uso e qua e là baracche e appostamenti fissi da caccia in muratura e cemento costruiti abusivamente. L’area inoltre confinava con due autostrade e con la grande zona industriale dell’Osmannoro (la più importante della Toscana, insieme ai Macrolotti di Prato), da cui era divisa dall’impianto di smaltimento di rifiuti di Case Passerini.

Si trattava di una vera e propria sfida: dimostrare che era possibile creare da zero un luogo dove potessero riesplodere nella loro grande bellezza tutte le forme di vita un tempo tipiche della pianura. Allo stesso tempo ciò voleva dire far sì che ogni cittadino potesse di nuovo godere di quei paesaggi storici, quasi leggendari, che ormai si ritenevano perduti per sempre.

Il progetto di Focognano inizia a essere pianificato nel 1992 con la decisione di acquisire a bene pubblico una porzione di territorio e di effettuarvi una serie di interventi di ricostruzione ambientale e di strutturazione per le visite con il pubblico (circuito pedonale per visite guidate, osservatori e una piccola struttura per l’accoglienza, con funzione anche di aula per la didattica).

Dopo le procedure di esproprio dei terreni, il progetto vide le prime fasi di realizzazione nel 1997, grazie anche a un contributo della Comunità Europea.

L’area protetta viene quindi istituita e il 6 dicembre 1998 inaugurata al pubblico.

Contemporaneamente, in base a un’apposita convenzione, la gestione dell’area dal punto di vista scientifico e tecnico-operativo fu affidata al WWF Italia, e Focognano entrò quindi a far parte del Sistema Nazionale delle Oasi del WWF Italia.

Nel 2000 l’area è poi divenuta S.I.C. (Codice: IT5140011), cioè Sito di Importanza Comunitaria in base alla Direttiva Europea 92/43/CEE “Habitat”, e successivamente anche Z.P.S. (Zona di Protezione Speciale), in base alla Direttiva Europea 79/409/CEE sulla “Conservazione degli Uccelli Selvatici” (successivamente sostituita dalla Direttiva 2009/147/CE).

Nella prima fase l’area protetta regolamentata si estendeva su 65 ettari, 35 dei quali di proprietà del Comune. Quest’ultima porzione viene oggi comunemente indicata come il “nucleo storico” dell’Oasi.

Circa dieci anni dopo l’area sottoposta a regolamento di tutela è stata ampliata fino agli attuali 112 ettari mentre al suo interno le zone di proprietà comunale, grazie a un nuovo progetto di acquisizione e di successivo ripristino naturalistico, si sono estese fino a coprire una superficie di circa 100 ettari.

Recentemente inoltre, essendosi ultimato l’iter di attuazione previsto dalla sopra ricordata Direttiva 92/43/CEE, l’area è stata definitivamente codificata come ZSC (Zona Speciale di Conservazione) della Rete Natura 2000 della Comunità Europea.

L’area è dotata di un preciso regolamento (approvato dal Consiglio Comunale) ed è gestita tramite appositi piani di azione annuali studiati dal WWF per la conservazione degli habitat e delle specie.

Attraverso questi piani di gestione sono inoltre individuate e programmate tutte le attività di studio e monitoraggio degli habitat, le iniziative di promozione e le modalità di fruizione.

Oggi Focognano rappresenta la prova evidente di come una qualunque porzione di territorio, per quanto possa trovarsi in uno stato banale e impoverito, vada sempre e comunque difesa da possibili nuove aggressioni, proprio perché conserva in sé un suo grande valore e perchè, attraverso l’attuazione di specifici progetti, potrà sempre tornare a essere qualcosa di straordinario.

Da sempre la difesa delle zone umide costituisce uno degli obiettivi principali dell’azione dell’Associazione. fra le tante battaglie intraprese in Toscana per tutelare questi importanti habitat le piccole aree lacustri della Piana Fiorentina occupano un posto speciale.

Quest’area appare oggi quasi totalmente modificata nel suo assetto ecologico e paesaggistico originario a seguito delle opere di bonifica delle acque, della gestione intensiva dei terreni agricoli e della costruzione di infrastrutture di ogni tipo. Per tutti questi motivi essa è oggi riconosciuta come uno dei territori maggiormente urbanizzati dell’intera Penisola.

Nonostante questa situazione, la Piana Fiorentina riveste ancora un grande interesse ambientale, in particolare per l’avifauna e l’erpetofauna.

Il primo riconoscimento ufficiale del valore ornitologico risale al 1999 quando l’I.N.F.S. (Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica – oggi ISPRA) incluse l’area nell’elenco delle Zone di sosta dell’avifauna migratoria di importanza nazionale (Documento n. 3262/TA-59). Sulla base di questo elenco, nel rispetto della Legge Nazionale 157/92 e Regionale 3/94, la Provincia di Firenze avrebbe dovuto porre in divieto di caccia le varie zone umide presenti nell’area entro il termine ultimo della fine del mese di settembre 1996. Sono passati ormai molti anni da questo termine e di tutto questo non è avvenuto che ben poco.

FOCOGNANO: IL PRIMO AVAMPOSTO

Il primo importante risultato rispetto al gravissimo impatto sulle specie determinato dall’attività venatoria nella pianura fu proprio la tutela dell’area di Focognano nel 1998.

La maggior parte degli ambienti allagati della pianura rimaneva però sottoposta a una pressione venatoria devastante, che aveva come risultato anche un continuo impoverimento degli aspetti ambientali e paesaggistici a causa dei metodi inopportuni di gestione applicati in questi stessi bacini (per un approfondimento si veda il Paragrafo dal titolo: “Altri laghi ma con ben altro tipo di gestione”).

Intanto, attraverso il lungo iter di attuazione delle Direttive Europee 92/43/CEE “Habitat” e della 79/409/CEE “Uccelli” (poi sostituita dalla Direttiva 2009/147/CE) per la creazione della Rete Europa 2000, sulle zone umide della Piana fu istituito il Sito di Importanza Comunitaria (SIC) IT 5140011 e l’omonima Zona di Protezione Speciale (ZPS). Inoltre l’importanza ornitologica della Piana fu anche ulteriormente confermata dall’inclusione nella lista delle Important Bird Areas (I.B.A.) of Europe con il codice IBA 083.

A tutto questo però, paradossalmente, non seguì alcun provvedimento concreto di tutela rispetto al fattore di incidenza diretta negativa di maggiore gravità, rappresentato evidentemente dall’attività venatoria.

LA TUTELA DELLE AREE INTORNO ALL’OASI

Così il WWF ha dovuto continuare la sua battaglia e alla fine della prima decade degli anni 2000, la Provincia di Firenze, allora competente per la caccia, dovette “cedere”, sia pur in piccola parte, grazie anche ad un importante atto di responsabilità da parte dei Comuni convinti dell’urgente necessità di tutelare il proprio territorio. Fu così che almeno le aree allagate per la caccia più vicine a Focognano (e quindi dannosissime perché falcidiavano per 5 mesi all’anno anche gli uccelli che facevano riferimento a quest’unica Oasi come punto di sosta e di svernamento), cioè i laghi di Gaine, Padule e Peretola, furono interdette a questa attività, così come anche l’area dei Renai di Signa.

Tutto intorno però, sia nel territorio della Provincia di Firenze (oggi Città Metropolitana di Firenze) che in quello delle contigue Provincie di Prato e di Pistoia, esistono ancora oggi molti laghi che continuano a essere causa di sterminio dell’avifauna in barba alle Leggi e alle Direttive Europee vigenti (per un approfondimento si veda il Paragrafo dal titolo: “Altri laghi ma con ben altro tipo di gestione”).

Va anche tristemente sottolineato come proprio l’opposizione del mondo venatorio all’istituzione di seri vincoli di tutela su questi ambienti abbia posto di fatto questi stessi in un continuo stato di rischio di scomparsa o di soffocamento a causa delle nuove urbanizzazioni della pianura o altri progetti simili.

I NUOVI “PRESIDI” PER GLI UCCELLI

Ecco che per far fronte a questa grave situazione, inaccettabile all’interno di un Sito di interesse comunitario, il WWF, oltre che continuare ad agire per ottenere il rispetto delle normative vigenti e quindi l’istituzione del divieto di caccia sulle altre zone umide esistenti e l’applicazione su queste di modelli di gestione basati su seri criteri scientifici, ha contemporaneamente messo in campo negli ultimi 25 anni una seconda strategia di intervento che si basa su una diffusa azione di progettazione e di costruzione di nuovi habitat nelle aree ancora libere dalle costruzioni. In questo modo, nel pieno rispetto delle Direttive Europee, è stato possibile garantire varie nuove possibilità di sosta, svernamento e nidificazione alle specie in diverse zone della pianura.

Su questo cammino un passo fondamentale fu compiuto nel 2006 quando, su proposta del WWF, furono individuati da parte dell’Autorità di Bacino del Fiume Arno alcuni sistemi ambientali all’interno della pianura. Questi, definiti in una specifica pubblicazione riguardante la costruzione delle reti ecologiche (Scoccianti, 2006*), sono costituiti da ampie zone non occupate dal costruito e utilizzate ancora in buona parte per l’agricoltura (“agroecosistema”). Si tratta di macrosistemi ambientali identificati considerando la possibilità per le specie ornitiche di mantenere una connessione funzionale principale sulla direttrice nord-sud. Essi furono quindi denominati “Aree di collegamento ecologico” (“Corridoi”) proprio per sottolineare questo aspetto.

I “CORRIDOI” ALL’INTERNO DELLA PIANURA

Come è mostrato nella figura, i “Corridoi” sono:

In riva destra d’Arno
Il “Corridoio Est”, che interessa il territorio comunale di Sesto Fiorentino, Campi Bisenzio, Firenze e Signa.
Il “Corridoio Ovest”, che interessa il territorio comunale di Campi Bisenzio, Signa e Prato.

In riva sinistra d’Arno
Il “Corridoio Vingone”, che interessa il territorio comunale di Lastra a Signa e Scandicci.

Sulla base di questi indirizzi di pianificazione, in quegli stessi anni e ancora maggiormente negli anni successivi furono pianificati e poi realizzati dal WWF, in collaborazione con vari enti sia pubblici che privati, molti interventi di creazione di nuovi habitat umidi, in particolare nell’ambito del “Corridoio Est”.

Considerando anche l’assenza nella pianura di aree di proprietà pubblica sufficientemente vaste per attuare un simile progetto, si scelse, come anche suggerito dalla pubblicazione scientifica precedentemente citata*, di agire all’interno di quelle aree che venivano acquisite a patrimonio pubblico per dedicarle alla mitigazione del rischio idraulico, realizzandovi casse di espansione o zone di laminazione.
È proprio per questo motivo che riteniamo importante proporre di seguito un breve approfondimento sul tema.

LE CASSE DI ESPANSIONE, OPERE ANTITETICHE RISPETTO AGLI INTERVENTI DI BONIFICA DEL PASSATO

Occorre innanzitutto ricordare che la principale caratteristica di questo territorio di pianura è quella di essere stato strappato alle acque delle sue zone umide naturali tramite imponenti e ripetute opere di bonifica, susseguitesi nel corso dei secoli.

Tale situazione ha quindi poi progressivamente raggiunto e superato “ogni limite possibile” per le gravi conseguenze della successiva sistematica cancellazione di gran parte degli spazi aperti (e dunque “allagabili” durante gli eventi alluvionali) per la realizzazione di nuove aree urbanizzate. Si è così determinato un gravissimo aumento del rischio idraulico proprio per la scomparsa degli spazi dove le acque potevano esondare liberamente nei momenti di piena.

L’area dell’Osmannoro, ad esempio, come si può facilmente osservare nella cartina dell’Istituto Geografico Militare del 1952, era fino a quegli anni ancora tipicamente caratterizzata da zone depresse e ambienti semipaludosi e non vi era stato ancora costruito nessun capannone. Il progressivo e massiccio processo di occupazione del suolo che ha successivamente interessato questa come altre zone della pianura non solo ha sempre più esposto al grave rischio di alluvione le costruzioni realizzate in loco (evidentemente collocate urbanisticamente nel luogo meno adatto) ma ha anche determinato un forte aumento dello stesso problema nelle altre aree circostanti, proprio perché non più “protette” come un tempo dalla presenza al centro della pianura di spazi aperti a disposizione per l’esondazione libera delle acque.

Stante questa drammatica situazione, negli ultimi anni, grazie a un nuovo tipo di pianificazione del territorio necessariamente volto alla tutela dal rischio idraulico, si sono cominciate a individuare a lato dei fiumi aree dove, in seguito ad adeguate opere di rimodellamento dei luoghi, le acque possono espandersi in modo controllato durante le piene (zone di laminazione, casse di espansione, e simili). In questo modo si è ottenuta una diminuzione del rischio di esondazione per le zone vicine.

È utile sottolineare che con questo nuovo processo di pianificazione e gestione del territorio si ammette il fallimento completo degli antichi processi di bonifica idraulica e si procede di fatto con un’opera antitetica agli interventi di bonifica del passato, basata sulla “restituzione” di ampi spazi ai corsi d’acqua ove le acque possono entrare e diffondersi ad ogni piena.

PROGETTARE NUOVI HABITAT UMIDI ALL’INTERNO DELLE CASSE DI ESPANSIONE

Se finalmente oggi la società comincia a preoccuparsi seriamente di difendere nel territorio valori insostituibili quali la biodiversità e il paesaggio, le aree destinate alla realizzazione di nuove casse di espansione rappresentano senza dubbio luoghi ideali per un nuovo tipo di progettazione, finalizzata ad un reale recupero dei luoghi rispetto a questi aspetti. Se infatti vogliamo restituire realmente, dopo centinaia e centinaia di anni di bonifiche, ampie porzioni di territorio ai fiumi è evidentemente necessario procedere perché in esse si possano ancora e nuovamente sviluppare quelle caratteristiche naturali e paesaggistiche che sono tipiche di questi luoghi.
Occorre dunque, nell’ambito della progettazione di queste aree “dedicate” alla sommersione nei momenti di piena, attuare specifici interventi di rivitalizzazione ambientale, capaci di far assumere a questi stessi luoghi anche quelle caratteristiche paesaggistiche e quelle funzioni ecologiche che sono tipiche degli ecosistemi naturali posti a lato dei fiumi, ovvero le zone umide perifluviali.
È anche opportuno sottolineare che, in pianure così pesantemente modificate dall’azione dell’uomo, dove peraltro poche o limitate sono le aree di proprietà pubblica, l’occasione offerta dalla progettazione delle nuove aree di laminazione/espansione delle acque rappresenta, se non l’unica, certamente la più semplice e concreta possibilità per attuare, su superfici di molti ettari, opere di restauro del paesaggio naturale.
Proprio su questo tema, grazie ai numerosi progetti realizzati dal WWF in collaborazione con vari Enti locali, la Piana Fiorentina rappresenta oggi a livello nazionale l’area di studio con il maggior numero di realizzazioni.

Tutte le numerose nuove zone umide ricreate intorno a Focognano costituiscono oggi una meravigliosa realtà, di proprietà pubblica, per la conservazione della biodiversità e del paesaggio.

Approfondisci le caratteristiche di questa nuova rete ecologica rigenerata in oltre 25 anni di attività del WWF


Nota* – Scoccianti C., 2006. Ricostruire Reti Ecologiche nelle Pianure. Strategie e tecniche per progettare nuove zone umide nelle casse di espansione. Dieci interventi a confronto nel bacino dell’Arno. Autorità di Bacino del Fiume Arno, Firenze: X + 288 pp., 248 figg.).

Chi desiderasse conoscere più in dettaglio l’attuale infelice situazione di questa pianura scoprirebbe che attorno all’Oasi, fino a Pistoia, esistono molti altri ambienti allagati (detti impropriamente “laghi”), tutti gestiti non per la conservazione delle specie ma per scopi diametralmente opposti, cioè per l’attività venatoria. Questi stagni sono proprio quelle zone umide che in base alle leggi vigenti nazionale e regionale dovevano essere già state poste sotto tutela da molti anni dalle rispettive Province.

Non si può capire a fondo l’importanza e la necessità di giungere quanto prima a una reale protezione di questi luoghi se non si fa un breve cenno a quanto purtroppo vi accade.

Al di là delle sterili ed inutili polemiche “caccia si, caccia no” e descrivendo la questione da un punto di vista strettamente scientifico, si ha che nei laghi da caccia presenti in questa pianura si verificano due tipi molto gravi di impatto con risultati deleteri per il patrimonio di biodiversità della pianura (e non solo).

Caccia – I tipo di impatto: prelievo diretto

Il primo tipo di impatto, costituito dal prelievo diretto delle specie, può sembrare un tema quasi scontato ma vale la pena di soffermarsi brevemente sull’argomento per cercare di capire le reali proporzioni del danno che viene provocato.

Queste zone umide, proprio perché disperse su un territorio reso ormai assolutamente inospitale alle specie dalle moderne trasformazioni, sono infatti causa ogni anno di un fatale concentramento e “intrappolamento” (“trappola ecologica”, dal termine inglese “ecological trap”) dell’avifauna acquatica migratrice e svernante durante i cinque lunghi mesi di apertura della stagione venatoria.

Gli Uccelli sono attratti in questi luoghi con la “complicità” di decine e decine di richiami vivi tenuti chiusi in grosse gabbie e di centinaia di sagome galleggianti.

L’attuale “isola felice” di Focognano (e le altre zone umide ad essa connesse nel sistema territoriale creato dal WWF) resta comunque un caso isolato e ciò significa che ogni uccello che si trova oggi a passare in questa pianura durante il periodo di caccia ha minime probabilità di salvarsi, capitando per caso a Focognano piuttosto che in un altro lago.

Oltre tutto va ricordato che gli uccelli non restano fermi in un luogo preciso quando sostano durante le migrazioni o svernano e molto spesso compiono spostamenti nei dintorni. Data questa situazione anche gli individui “capitati fortunosamente” a Focognano non possono dunque essere considerati in alcun modo fuori pericolo.

Caccia – II tipo di impatto: gestione impropria degli habitat

Il secondo tipo di impatto, meno conosciuto ma non per questo meno grave, riguarda il tipo di gestione adottata in questi ambienti durante il periodo dell’anno in cui l’attività venatoria non è praticata, il che sottolinea come in questi stagni non ci sia mai un momento di vera pace per l’avifauna, così come per le altre specie.

Le tipiche tecniche di gestione utilizzate dai cacciatori sono infatti ad alto impatto, avendo lo scopo di distruggere completamente la vegetazione acquatica spontanea per rendere più ampia possibile la superficie d’acqua libera. In questo modo nel successivo periodo di caccia le anatre di passo (principale, ma non unico, oggetto di caccia) vengono più facilmente attirate e colpite da ogni lato, non avendo più alcuna possibilità di nascondersi nemmeno lungo le sponde.

Le tecniche di gestione più usate sono il disseccamento artificiale (generalmente ogni due anni, ma in taluni siti anche tutti gli anni), l’incendio o il taglio a raso dei canneti e la successiva completa lavorazione del suolo tramite mezzi meccanici (aratura/fresatura).

Tutto ciò non solo determina una netta semplificazione della struttura ecologica di questi ambienti ma ha ovviamente ripercussioni gravissime su un grande numero di specie sia di uccelli che di altri animali, in particolare perché il periodo abitualmente scelto dai cacciatori per tali operazioni (maggio-giugno) è proprio quello della riproduzione delle specie.

È significativo ricordare invece che ogni anno proprio in questo periodo l’Oasi di Focognano viene chiusa al pubblico per evitare ogni possibile disturbo sull’attività di nidificazione.

Stante questa situazione è quindi assolutamente da sfatare una curiosa “leggenda metropolitana” che viene fatta circolare ad hoc dal mondo venatorio nella Piana: si vuole far credere infatti che, pur effettuando un forte prelievo sulle specie durante il periodo di apertura della caccia, nella rimanente parte dell’anno i cacciatori “con i loro grandi sforzi” mantengono questi stagni a tutto vantaggio delle specie selvatiche! Invece, come abbiamo visto, anche durante i mesi di caccia chiusa i laghi da caccia della Piana divengono vere e proprie “trappole ecologiche”, capaci di indurre le specie a iniziare la nidificazione per poi comprometterne irrimediabilmente il successo con l’incendio dell’habitat o l’aratura si tutta la superficie (nidi compresi).

Quello di cui in realtà bisogna ringraziare i cacciatori in virtù della loro ostinata e cieca opposizione alla istituzione delle aree protette è proprio la progressiva scomparsa di questi laghi nella pianura. Infatti lo stato di non tutela tanto voluto dal mondo venatorio ha via via aperto la strada alla realizzazione nei pressi di molti di questi stagni di infrastrutture ad alto impatto come strade, capannoni, parcheggi, etc., e addirittura in alcuni casi alla nuova messa a coltura dei terreni o alla loro urbanizzazione. Se si ascoltavano le proposte del WWF lanciate fin dalla fine degli anni ’70 e già da allora si fosse cominciato a tutelare tutti questi ambienti umidi, è chiaro che nella pianura oggi sarebbero rimasti ben più ampi spazi verdi e zone umide a disposizione sia delle specie selvatiche che di tutti i cittadini.

Bracconaggio

Come se non bastasse quanto detto a proposito del grave impatto della caccia in questa pianura, va anche accennato all’ancora diffuso fenomeno illegale delle trappole, dei lacci e delle reti. Ogni anno il WWF con il proprio Nucleo di Guardie Volontarie e con l’aiuto delle altre Forze dell’Ordine operanti sul territorio scopre e denuncia atti di bracconaggio.

Occorre sottolineare subito che non si tratta né di casi rari né di situazioni celate in luoghi poco frequentati: questi strumenti fuorilegge vengono posizionati anche vicinissimi alle abitazioni, frequentemente nei pressi di orti, baracche, etc., e senza nemmeno mascherarli o camuffarli. Da decine di anni questi oggetti sono stati proibiti per legge e ciononostante c’è ancora chi li costruisce e li usa sotto gli occhi di tutti.

Mettendo trappole e reti si provoca la morte di migliaia di animali dopo lunghissime ore di agonia. La morte infatti sopraggiunge molto dopo l’ingresso nella trappola o nella rete e sarà causata dalle fratture multiple agli arti, alle ali o alle zampe oppure avverrà in seguito a lentissimo soffocamento o, ancora, per fame o assideramento.

Ovviamente in molte di queste trappole restano impigliati anche animali domestici come cani e gatti e non è difficile capire che anche ignari bambini che giocano in un campo possono restare feriti entrando in contatto con questi oggetti.

È chiaro che per riuscire a risolvere questo grave problema è indispensabile la collaborazione di tutti i cittadini onesti. I più importanti risultati si ottengono infatti molto spesso in seguito a precise segnalazioni di persone che hanno osservato questi oggetti in un campo, in un orto o in un giardino, oppure che hanno dolorosamente perso il proprio cane o gatto a causa di questi orribili strumenti.

A questo proposito il WWF lancia un forte appello alla popolazione: i bracconieri agiscono con le loro reti, trappole e lacci sicuri di poter passare inosservati e di poter contare sull’omertà dei cittadini.

Chi sa di questi casi e tace diviene di fatto complice della morte atroce di tanti animali.

Chi viene a conoscenza di casi di bracconaggio può contattare il WWF in qualsiasi momento: coloro che ci segnaleranno simili episodi potranno ovviamente contare sulla massima discrezione che ne garantirà il totale anonimato.


Chi viene a conoscenza di casi di bracconaggio può contattare il WWF in qualsiasi momento: coloro che ci segnaleranno simili episodi potranno ovviamente contare sulla massima discrezione che ne garantirà il totale anonimato.

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